L’ultima in ordine temporale è stata la chiusura del Nuovo Cinema Aquila, al Pigneto. Negli ultimi vent’anni, a Roma, sono 42 le sale cinematografiche lasciate al loro destino, chiuse per sempre a causa soprattutto della crisi, ma anche della mancanza di un progetto politico che ponga un’alternativa per scongiurare quello che ormai sembra l’inevitabile. Ventotto di queste sale risultano chiuse da più di un decennio, 8 da circa cinque anni, cinque da un paio d’anni.
Embassy, Troisi, Admiral, Empire e ancora Ariston, Etoile, Augustus, Quirinale: nomi di cinema che non ci sono più, alcuni di proprietà del Comune e della Regione, la maggior parte, però, dei privati, che non vedono ormai conveniente gestire una sala cinematografica, provano a trasformarla, a farne qualcosa di diverso, ma vengono per lo più bloccati da vincoli agli immobili e dai cambi di destinazione d’uso con la logica conseguenza di abbandonare l’impresa. Il risultato sono immobili dismessi da anni, spesso occupati, lasciati morire nell’incuria e nell’indifferenza generale.
L’INTERVISTA Carucci (CUB): «Le sale non diventino megastore»
Interi quartieri sono ormai senza cinema. Solo a Trastevere hanno chiuso, uno dopo l’altro, l’America, Roma e la sala Troisi; a Trieste-Salario le saracinesche abbassate dove si proiettavano film sono una decina. Per non parlare della periferia dove ormai i cinema rimasti si contano sulle dita di una mano. L’assessorato alla Cultura vorrebbe invertire la rotta e ha pronto un bando per la riapertura di almeno 25 sale cinematografiche tra quelle chiuse da tempo e senza un futuro; resta il problema di non lasciare solo il privato nell’arduo compito di ridare vita ai luoghi di cultura, altrimenti non si capisce come la musica potrebbe mai cambiare. Anche perché gli ultimi dati sui fatturati delle imprese che la cultura la fanno ogni giorno, la dicono lunga: secondo la Confcommercio il 54% delle aziende ha subito un peggioramento del fatturato negli ultimi tre anni e questo vale per teatri, cinema e imprese fino a 5 addetti. Ancora più drammatica la previsione per il futuro con il 14,8% delle imprese culturali che immagina un peggioramento nel corso del prossimo anno, anche a livello occupazionale. Solo il 14,6% di queste imprese prevede un aumento dei ricavi per il 2015. Il dato è confermato in prevalenza presso i teatri (-4) mentre è maggiore la fiducia nei cinema (+5) e nelle imprese con sei addetti e oltre. Gli introiti, infine, resteranno invariati quest’anno per il 75,3%, e aumenteranno per il 14,6%. Insomma, un quadro generale che non lascia ben sperare.
Fonte Cinema in crisi, lo spettacolo è finito su Cultura360.